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Il piede diabetico: perché si manifesta e come prevenirlo. Guida pratica

I numeri sul diabete presentati durante il 71mo congresso dell’American Diabetes Association(ADA) svoltosi a San Diego sono quelli di un’epidemia mondiale: 350 milioni le persone affette da diabete che nel 2030 diventeranno 700 milioni.

Solo in Italia sono 5 milioni i diabetici e si ipotizza che altri 3 milioni ignorino di esserlo.

È un fenomeno che nelle prossime 24 ore vedrà 55 diabetici diventare ciechi, 120 in dialisi, 230 saranno sottoposti ad amputazione chirurgica di una gamba a causa delle complicanza vascolare e 810 perderanno la vita.

E’ un’epidemia silenziosa.

Silenziosa perché il diabete non duole, ti consuma e corrode dall’interno, interessando e degenerando progressivamente diversi organi e tessuti

Gli esperti sottolineano l’importanza della prevenzione ed è proprio questo l’argomento del post: la prevenzione dermatologica nel soggetto diabetico.

Il diabete, infatti, non è solo una patologia metabolica che comporta un aumento del valore della glicemia nel sangue ma è responsabile anche di danni degenerativi a livello cutaneo.

Se chiedessi qual è una complicanza cutanea del diabete, credo che tutti risponderebbero il piede diabetico, giustamente, ma se chiedessi ancora: perché si manifesta?

A questo punto sorgerebbero i primi dubbi e i più penserebbero solo ad un fenomeno intrinseco ed inevitabile della patologia.

I danni del diabete a livello cutaneo

L’iperglicemia dovuta al diabete è responsabile di una serie di alterazioni morfologico e funzionali a livello del derma della cute. Le alterazioni sono dovute ad un danno sia diretto, indotto dall’iperglicemia stessa, sia indiretto, di tipo degenerativo.

Nel primo caso, l’iperglicemia induce un’alterazione biochimica del collagene che, a seguito di una glicosilazione, diventa più resistente e l’organismo più difficilmente riesce a degradarlo e rimpiazzandolo con uno nuovo.

Da un punto di vista pratico si assiste ad un progressivo ispessimento e un indurimento del derma che diviene più compatto e rigido.

Oltre al danno delle fibre collagene si verificano anche anomalie strutturali e irreversibili a carico delle fibre elastiche, che tendono a scomparire. La conseguenza pratica è una perdita di elasticità da parte del derma.

Quindi il derma di un diabetico si presenta molto compatto, rigido ma poco elastico.

Infine, l’iperglicemia distrugge le fibre di ancoraggio che servono ad ancorare il derma all’epidermide, predisponendo di conseguenza l’epidermide all’insorgenza di facili abrasioni anche dopo una minima sollecitazione meccanica o fisica.

Pertanto, l’epidermide e il derma della cute di un soggetto diabetico si presentano come due differenti strutture anatomiche parallele tra loro, attigue ma fisicamente separate o non ben ancorate l’una all’altra.

E’ facile intuire che in questo modo nelle zone sottoposte a pressione e/o compressione, quale la superficie plantare, possono comparire dei veri e propri scollamenti sottocutanei e degli ispessimenti (tilomi) in superficie a livello epidermico.

In poche parole, la cute del soggetto diabetico ha una scarsa resistenza alle sollecitazioni fisiche e di conseguenza dove la cute è più sottile si formeranno dopo un minimo sfregamento delle abrasioni mentre dove è più spessa, come a livello plantare, degli ispessimenti callosi.

In profondità, però al di sotto delle ipercheratosi si formeranno al confine tra l’epidermide e il derma dei veri e propri scollamenti tra i due tessuti.

A tutto questo, bisogna aggiungere il danno cutaneo indiretto dovuto ad una degenerazione vascolare indotta sempre dall’iperglicemia e responsabile di un’alterazione dell’ossigenazione.

Dapprima il flusso sanguigno dei piccoli vasi e poi lentamente anche quello dei grandi vasi diminuisce a causa dell’ispessimento progressivo delle pareti vasali, responsabile di un ridotto lume vasale a livello dei tessuti in generale, cute compresa.

L’ostruzione di questi piccoli vasi (microangiopatia) oltre alla mancata ossigenazione cutanea induce una sofferenza a carico delle fibre nervose sensitive, della retina, della funzionalità renale, ecc.

Le turbe della sudorazione sono un iniziale segno cutaneo della neuropatia del diabetico e via via che peggiora la degenerazione dei vasi con interessamento di quelli di calibro progressivamente maggiore aumenta contemporaneamente la neuropatia con rilevanti alterazioni a carico della sensibilità e della percezione del dolore.

Il piede diabetico

Tutti i diabetici con arteriopatia e neuropatia degli arti inferiori sono a rischio di sviluppare il piede diabetico.

Inizialmente, la perdita della sensibilità profonda e la diminuzione del trofismo muscolare determinano un’alterazione della statica della persona che a sua volta favorisce la comparsa di duroni e calli nelle zone di appoggio e/o sfregamento a livello plantare.

Sotto i duroni, come accennato prima, si formano le bolle da attrito, le quali rompendosi si infettano e difficilmente regrediscono e guariscono spontaneamente a causa dell’alterata ossigenazione cutanea.

Successivamente si formano degli ascessi che erompono sulla superficie cutanea (mal perforante) e che in profondità si estendono fino a poter interessare le ossa, le articolazioni e i tendini.

Consigli pratici per evitare il piede diabetico

    • Ispezionare sistematicamente la propria pelle alla ricerca di piccole ferite o infezioni, prestando attenzione soprattutto negli spazi interdigitali e segnalando immediatamente al proprio dermatologo ogni manifestazione o lesione cutanea sospetta.In caso di lesioni sospette evitare assolutamente il «fai da te» per non complicare ulteriormente il quadro clinico e l’eventuale infezione iniziale.
    • Prestare attenzione ad evitare i traumatismi in corrispondenza degli arti inferiori.
    • Non deambulare a piedi nudi per evitare escoriazioni o sollecitazioni dirette sulla superficie plantare.
    • Non indossare scarpe in gomma, che possono far macerare la pelle, né quelle a punta o con i tacchi alti perché favoriscono sollecitazioni fisiche e sovraccarichi non fisiologici sulla pianta del piede.
    • Indossare calzature comode, larghe, confortevoli e prive di cuciture interne.
    • Usare plantari personalizzati di scarico per correggere eventuali errori di postura che potrebbero sovraccaricare punti localizzati del piede, favorendo la comparsa di tilomi.
    • Indossare calze senza cuciture interne specifiche per diabetici e non elasticizzate.
    • Lavarsi i piedi con acqua tiepida (30-35 gradi centigradi) perché una temperatura superiore può far macerare la pelle e predisporla alle infezioni.
    • Asciugare accuratamente il piede e gli spazi interdigitali, evitando di sfregare energicamente.
    • Applicare quotidianamente e sistematicamente creme o lozioni idratanti massaggiando delicatamente la pelle. L’uso sistematico di idratanti ha diversi vantaggi:
      • idrata la pelle e gli eventuali indurimenti (ipercheratosi)
      • facilita l’auto-ispezione della pelle durante il massaggio
      • stimola il microcircolo vascolare
  • Durante l’applicazione della crema idratante, prestare attenzione agli spazi interdigitali affinché non rimangano residui di crema non assorbita che potrebbero favorire la macerazione cutanea e di conseguenza predisporre alle infezioni micotiche e/o batteriche che, quando presenti, devono essere trattate tempestivamente.
  • Infine, se sono presenti delle rilevanti ipercheratosi plantari ridurle con una pietra pomice o limetta specifica evitando l’applicazione dei callifughi perché potrebbero essere troppo aggressivi asportando in toto l’epidermide ed esponendo il derma.
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Dott. Alessandro Martella
Dott. Alessandro Martella
Ciao, trovi le informazioni sulla mia attività di Dermatologo qui. Sono l'ideatore, fondatore e responsabile di Myskin, la piattaforma che stai consultando e autore di oltre 50 lavori scientifici in Dermatologia. Attualmente sono il Presidente dell'Associazione Italiana Dermatologi Ambulatoriali (AIDA). e il Direttore Responsabile della Rivista DA 2.0Sono anche Co-editors della Rivista Scientifica JPD.

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